La “crisi dei container” e l’impatto sul commercio internazionale

La “crisi dei container” e l’impatto sul commercio internazionale

4 Maggio 2022 Corporate Finance News 0
Industrial Container Cargo freight ship, forklift handling container box loading for logistic import export and transport industry concept backgroundtransport industry background
Il Covid-19, la Brexit e la Guerra tra Russia e Ucraina sono tra le principali cause alla base del forte rincaro dei noli marittimi registrato nell’ultimo triennio. Le previsioni non rassicuranti impongono alle PMI di abbandonare il modello “Just in time” e ripensare alla propria filiera strategica.

Negli ultimi tre anni, a livello globale i costi dei trasporti via mare hanno subito un incremento medio pari a circa il 700%, con picchi superiori al 1000% sulle rotte più trafficate quali, ad esempio, quelle che coinvolgono i porti cinesi e statunitensi.

Il notevole aumento dei costi di trasporto ha comportato enormi ripercussioni su tutti i mercati, in quanto ad oggi il trasporto di merci via mare rappresenta circa il 90% del volume dei trasporti internazionali. Le aziende che stanno risentendo maggiormente di tale incremento sono quelle che trattano prodotti voluminosi o merci di scarso valore.

Le cause che hanno condotto all’attuale scenario sono principalmente le seguenti:

  • Nel 2019, in seguito all’annuncio dell’allora Presidente degli Stati Uniti Donald Trump di applicare dazi elevati sui prodotti provenienti dalla Cina, si è assistito a una corsa alle scorte che ha comportato una crescita del tasso di occupazione dei container e un primo aumento del costo dei noli;
  • Ad inizio 2020, lo scoppio della pandemia Covid-19 e i conseguenti lockdown hanno prodotto un arresto del traffico merci mai sperimentato, con navi ferme nei porti per lunghissimi periodi e ritardi sistematici in tutta la catena di approvvigionamento delle merci. Per far fronte a tale scenario e per mitigare rischi e costi, i principali vettori marittimi hanno optato per sistemi di aggregazione, sancendo tre grandi alleanze (The Alliance, Ocean Alliance e 2M) in grado di controllare gran parte del commercio marittimo. La strategia adottata dalle “alleanze” ha previsto l’ottimizzazione delle rotte, riducendo il numero dei porti coinvolti dalle tratte e privilegiando le navi cargo di dimensioni maggiori. La situazione di “oligopolio” che si è venuta a determinare ha, dunque, portato ad un considerevole incremento del prezzo dei noli e al conseguimento di fatturati “stellari” per le compagnie navali;
  • L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea (Brexit) e le nuove regole vigenti in UK hanno causato una drastica riduzione nel numero degli addetti ai lavori che si è tramutata in un graduale accumulo di container nei principali terminal britannici. Per ovviare a tale situazione, i vettori si trovano obbligati a dirottare i carichi destinati al Regno Unito verso altri porti europei, per poi trasferirli su navi di dimensioni minori e raggiungere l’Inghilterra. Tale “doppio passaggio”, ovviamente, si ripercuote negativamente sul costo dei trasporti;
  • A marzo 2021, l’incidente occorso alla nave cargo panamense “Ever Given”, che ha ostruito il Canale di Suez per 6 giorni, ha acuito i ritardi delle consegne, soprattutto con riferimento alla merce proveniente dai mercati orientali;
  • Infine, anche le misure di sicurezza adottate per arginare il diffondersi dell’epidemia hanno ulteriormente rallentato le operazioni di carico e scarico delle navi aumentando i casi di “blank sailing”, ovvero le occasioni in cui a una nave viene proibito di attraccare in un porto congestionato, spesso con un preavviso di pochi giorni.
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Nel 2022 lo scenario è destinato a peggiorare ulteriormente, sia a causa dei nuovi lockdown che negli ultimi giorni stanno interessando diverse città portuali cinesi, alle prese con la diffusione della variante Omicron, sia per via delle sanzioni imposte alla Russia da parte dell’Occidente in seguito all’invasione dell’Ucraina. In conseguenza di ciò oltre un milione di container all’anno andranno ad intasare ulteriormente le tratte marittime, non potendo più transitare dalla Cina all’Europa attraverso il trasporto ferroviario russo. Ciò si tradurrà in una scarsità di container fisicamente disponibili e in un incremento inesorabile del prezzo dei noli.

A causa dei fattori sopra richiamati, nel 2022 si stima che la percentuale di navi cargo coinvolte in trasporti internazionali in grado di consegnare la merce entro la scadenza concordata contrattualmente sarà pari a meno del 35%, a fronte di valori medi prossimi all’80% registrati negli anni antecedenti alla pandemia.

La “crisi dei container” ha definitivamente messo in discussione il modello “Just in time” in voga negli ultimi anni soprattutto nei Paesi occidentali, che prevedeva logiche di approvvigionamento delle materie prime solo “a richiesta” da parte del mercato, con conseguente riduzione dei costi dei magazzini, che rimanevano semivuoti, e delocalizzazione delle produzioni, con intere filiere strettamente dipendenti dalla Cina e dai Paesi del Sud-est asiatico.

Ad oggi, mentre le grandi multinazionali stanno cercando di porre rimedio ordinando nuove navi o noleggiando navi portacontainer private, le aziende di dimensioni medie (tra cui le PMI italiane) si trovano costrette a ripensare alla propria filiera strategica o, laddove impossibile (società di import-export), a valutare la possibilità di stringere alleanze al fine di implementare reti di imprese per la logistica, in grado di abbattere i costi e minimizzare i ritardi nelle tempistiche di approvvigionamento.

A prescindere dalle dimensioni aziendali è in ogni caso necessario rivedere le tempistiche anticipando le spedizioni delle merci rispetto alle scadenze convenzionali.

A cura della Divisione Corporate Finance di Consilia Business Management

 

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